martedì 30 dicembre 2008

2008: adieu

[Non ho ancora trovato UNA persona contenta di quest'anno passato.
Ho individuato 3 ottime ragioni:
1- è effettivamente stato un anno orrendo per tutti
2- conosco solo gente insoddisfatta
3- giunti alla fine guardiamo avanti sperando di scorgere nel 2009 la famigerata erba del vicino sempre più verde.
In piccolo il male in GRANDE il buono]


Quest'anno ho viaggiato poco.
Male. Dovrò rimediare.
Da settembre 2007 a settembre 2008 ho letto 37 libri.
Non so se è un bene o un male.

Ho visto l'Irlanda, conosciuto Paola.
Questo è stato bello.

Ho stretto un legame fortissimo con M.
Anche questo è stato bello.

Ho votato Walter.
Mi sono ritrovata Silvio.
Pessimo.

Ho dedicato più tempo dell'anno scorso alla mia nonnina.
Ottimo, ma tempus fugit, posso fare molto di più.

Ho spinto il mio corpo all'intollerabile.
L'ho costretto a sopportare ore ed ore di esercizio.
Ho avuto una tendinite, come i migliori musicisti folli.
Ho avuto un riscontro mediocre, un giudizio sintetico che mi colloca nel limbo dei beoti che hanno un diploma di conservatorio senza infamia e senza lode.
E ne sono rammaricata pur avendo la coscienza pulita.
Ho messo tutto da parte, forse non abbastanza.

{La musica è un'amante molto esigente.
Ti succhia il sangue, corrode la pelle.
E' una psicologa che ti ipnotizza e fa violenza dei tuoi pensieri}


Ho comprato un portatile.
Qualcosa di solo mio in un universo di shared things.

Mi sono appassionata al nuoto.
Ma ovviamente ho smesso tutto per diplomarmi.

Ho avuto pochi giorni davvero felici: ho vissuto nell'ansia da prestazione, con un occhio al passato e l'animo pieno di rimorsi. [Dissonanze a sporcare una melodia che, pur contorta, poteva avere un che di orecchiabile].
Non ho saputo nè voluto perdonare (e so che difficilmente lo farò).
Spesso mi sono fatta forza mossa da rancore e desiderio di rivincita.
Ho scatenato battaglie illudendomi che quelle energie mi avrebbero dato sensazione di vita.
Avrei voluto alimentare la mia volontà con sentimenti più nobili di amor proprio e passione.

[Tutto si può dire di quest'anno, meno che sia volato.
Mi sembra un'eternità che ci sia Silvio al governo.
E che sia entrata della mortadella in parlamento.
Subito ingurgitata a macchiare di vergogna triviale un luogo inadatto allo scherno.
Ho saltato un'interminabile estate intera.
E' senz'altro passato un secolo da quando mi sono svegliata il 1^gennaio scorso a casa di mia nonna, coi piedi gelidi e l'abbaiare dei cani - forse avrei dovuto capirlo da questo risveglio disagevole che non sarebbe stato un anno facile - ho traslocato da cremona una vita fa].


Eppure ci metto una pietra sopra.
Guardo avanti, giustifico il mio egoismo coi miei fallimenti, ma prendo atto dell'inutilità di questo sentimento.

Ho sempre preferito i numeri dispari.
Il 2009 sarà la prima laurea (ad aprile o quando si potrà, ma certamente in questi prossimi dodici mesi e quasi certamente con un numerdo dispari- pronostico un 107 e non se ne parli più!), compierò 23 anni, se andrà tutto bene bacerò le stesse labbra da 3.

[Nel luogo della speranza per antonomasia, si faranno le letture del ciclo C. Il vangelo di Luca, tanto per. Non sono credente, ma da bimba il suo racconto della natività mi piaceva più di quello degli altri]

lunedì 15 dicembre 2008

Stress natalizio

Che poi diciamocelo.
A me il Natale fa diventare solo più cattiva:
-Le persone dopo 3 mesi passati dai venti giorni al mare si lamentano che sono stanche. Chissà io quest'anno cosa dovrei dire.
-Le luci decorative insieme alla pioggia che viene giù non mi fanno vedere un accidente quando guido.
-I parcheggi di qualunque forma di esercizio commerciale sono intasati, sebbene quel Suv nero si sia messo di sbieco su un cumulo di neve.
-La televisione si riempe di porcheria perbenista, da Mike Bongiorno che dirige un'oscena orchestra composta dai volti Mediaset a bambini bellissimi che prometto che a Natale faranno di più (sarà che, essendo vacanza, avranno pure più tempo)
-Tutti cominciano a urlarsi gli auguri per la strada col falso sorriso "nel caso non ci vedessimo più" che poi figurati, siamo quattro gatti in sta città, ti rivedi per forza.
-Cene e cibo e cioccolata, tutti impegnati in altro con parentame con cui non vorremmo essere, di modo che siamo sempre lontani da quelli con cui vorremmo veramente stare.
-E i regali, la crisi, i buoni propositi per l'anno nuovo, le somme di quello che passato. Ma che vi devo dire? E' sempre la solita solfa.
Il tempo passa e me ne ricordo solo quando cerco inutilmente di fermarlo.

domenica 7 dicembre 2008

succederà (?)

Una canzone che dovrei recitare come un mantra

Sarà come stare a letto mentre fuori è freddo e piove
Come togliersi le scarpe dopo un giorno di gran sole
Come correre nudo fin dove non c'è più città
o cantare speranza ad una stella che cadrà
Sarà come dare il voto a un uomo o a un ideale senza più dolore
Come rapinare banche dicendo solo "per favore"
Succederà...
solo se facciamo uscire dalla nostra vita fascio e avidità
Sarà come mettere dei fiori nelle teste rasate
Come incontrare un uomo, un elfo, delle fate
Succederà...
solo se facciamo entrare
le prime voci del mattino che ora può arrivare

martedì 2 dicembre 2008

Zero. Ovvero la famosa nevicata dell'85.

domenica 30 novembre 2008

Camminare su un tappeto bianchissimo che scricchiola ad ogni passo.
E sentirsi sIcuRi come non mai.

mercoledì 19 novembre 2008

Quanto più siamo capaci di autodeterminare i nostri pensieri - i nostri propri pensieri, dunque creandoci una nostra propria personale esperienza della realtà - tanto più siamo capaci di autodeterminazione così da essere veramente liberi. E' piuttosto facile credersi liberi nella moderna civiltà occidentale, così prodiga di opportunità, ma in realtà questo tipo di libertà richiede che si possieda un'acuta consapevolezza dei propri desideri. Senza tale consapevolezza siamo solo in loro balìa e nell'impotenza di dare forma alle nostre idee e ai nostri atti.

Daniel Baremboim "La musica sveglia il tempo"

sabato 25 ottobre 2008

Lezione 21

Baricco.
Lo ami per le tante parole.
Lo odi per lo stesso identico motivo.
Lo ami perchè scrive dei bei libri. Lo odi perchè fa pure bene il regista.
Lo ami perchè riesce a fare un film su Beethoven senza cadere nella biografia in costume, devota alla tradizione, tanto cinematografica quanto musicologica. Lo odi perchè fa un film su Beethoven essendo un rossiniano convinto.
E grazie tante.

"Lezione ventuno" (che poi 21 perchè?) è proprio ben riuscito.
Più una risposta alla resa cinematografica di "Seta", che forse non aveva proprio colto nel segno, che un film scritto e girato per aggiungere veramente qualcosa sulla vita del LudovicoVan o alla storia del cinema.
Ma comunque ben fatto.
Un mondo magico e non pedante per affrontare un argomento "mattone" come quello della musica classica.
Bellissime, ritratti più che fotogrammi, le inquadrature dei personaggi storici che vengono chiamati a testimoni dell'evento dell'anno 1824: la prima esecuzione della 9^ sinfonia. Bellissime per la luce, per la scelta (non solo in questi interventi, ma un po' in tutto il film) di occupare gli spazi in maniera originale (tutto a lato, con uno schermo immenso libero e stracolmo di fondo bianco o nero).
Certo: personaggi alla Baricco che vengono lì a smontarti, in un mondo e in un modo tipicamente alla Baricco, il successo della 9^ sinfonia, non potevano che essere frutto di Alessandro Baricco. A irritare non è che un capolavoro venga additato quasi come uno sbaglio dell'umanità colta o meno colta che sia (come a dire "guardate che vi siete sbagliati, 'sta roba mica piaceva, è stato un flop ai suoi tempi: basta credere al titanico Beethoven, romantico prima dei romantici") ma è il modo in cui viene sviscerata questa ipotesi: Beethoven non faceva più niente da quasi dieci anni (sic!), a Vienna ormai imperava Rossini (eccolo lì, appunto, il rossiniano) e lui per farsi considerare dal pubblico si gioca l'ultima carta: mettere un coro all'interno di una sinfonia, una cosa mai sentita, che pochi anni più tardi farà additare quest'opera come l'inizio della musica moderna da uno che in confronto a Baricco ne capiva poco e che prende il nome di Richard Wagner. Per giunta, stando al film, senza neppure riuscire tanto bene. A conclusione arriva la stoccata finale: Beethoven era un vecchio e nella sua musica, a quel punto del suo percorso, c'era sì molto genio, ma la Bellezza, con la maiuscola perchè è di Bello filosofico che si parla, mancava del tutto.
Insomma!
A me sta bene che ci siano testimonianze dell'epoca su questo flop del '24, può anche essere un dato di fatto.
Rimane che per quanto riguarda la sua musica, elemento tanto presente quanto veramente marginale in questo film (ridotto a colonna sonora, quando dovrebbe essere l'oggetto stesso della pellicola), Beethoven aveva del nuovo anche nella vecchiaia. Perchè è nuova, e stupefacente la Corale, perchè è innovativo lo slittamento dello Scherzo in seconda posizione, perchè armonicamente, si sente solo l'eco del passato.
Il Classicismo viennese nel cuore e l'Infinito romantico negli occhi.
E senza scendere in tecnicismi, a Baricco devo dire una cosa: a noi piaceva questo Beethoven che arriva alla fine della vita e della carriera, dopo un decennio di sordità e solitudine totale che lo incattivisce, e si mette a musicare (in modo quadrato, maltrattando le voci e tutto quello che vi pare) un testo come quello, in cui a noi piaceva leggere la possibilità di una speranza. Manco una preghiera, ma solo l'ipotesi remota di potere un giorno vedere la luce.
Se solo avesse riservato metà della delicatezza delle sue descrizioni nel maltrattare una convinzione in cui ci crogiolavamo con tanta sicurezza!

lunedì 13 ottobre 2008

Fuori c'è il sole e anche la notte è splendida

Tocco il fondo e risalgo.

Respiro a pieni polmoni l'aria umida di una vita che è.

[Non si può respirare un'aria che sarà].

Lascio indietro il buio salmastro e vedo il sole.

Fuori c'è il sole e voi.

E io.

venerdì 10 ottobre 2008

L'ultimo concorso che ho fatto è stato anni fa a Palazzo Ottolenghi.
"Alle 20 qui" aveva detto l'organizzatore. 20.05 arriva una Me trafelata (all'epoca vivevo anche una serie di complicanze sentimentali che lasciamo stare...) ma pressochè puntuale.
Sbagliato.
Perchè i ligi musicisti astigiani erano già tutti lì coi loro strumenti accordati, le cravatte fermate da da pinze lucide e le pailettes a riflettere le luci soffuse della sala.
E l'organizzatore, un pianista conosciuto per le sue esibizioni quanto suo fratello lo è per il suo aspetto fisico, mi accoglie con un tono sterile che non lascia dubbi: sono in ritardo e questo concorso non mi farà onore perchè lui è in giuria. Fantastico.
Storia di poco conto se non fosse che all'epoca scrivevo per un giornale e quando ha collegato la firma sotto l'articolo di presentazione dell'evento al nome (il mio) nel programma della serata ha cominciato una sviolinata ridicola e patetica che è servita solo a fare precipitare la stima di lui già minata dalla reazione esagerata per i cinque minuti di ritardo...

Oggi inizio la serie di concorsi da diplomata.
Destinazione Locate Triulzi, selezione a porte chiuse.
Pezzo d'obbligo:
Studio op.6 n.11
Incrociamo le dita, che poi viene l'Irlanda e tutto passa.

martedì 7 ottobre 2008

Gratti le croste con la lunetta bianca delle tue unghie grandi.
Accuratamente, come un rito, togli ogni singolo pezzetto marroncino ruvido. Non la strappi dopo averne sollevato un pezzetto, fai un lavoro meticoloso.
E nel frattempo il bianco diventa rosso del mio sangue. Sempre di più, sempre più scuro, a scivolare sulla pelle come fosse una parete liscissima. Guardi un po' i lembi della ferita inscurirsi e ricominci a raspare nel mio dolore, scendendo in profondità, facendoti spazio per entrare, a piene mani, nella carne viva.
Ogni tanto ti fermi a osservare il risultato: i miei umori che luccicano riflessi nei tuoi occhi avidi, le tue mani tanto grandi che tirano i nervi come fossero fili di marionetta. Non strappi niente. Sei un gatto che insegue una mosca, per giocarci non per ucciderla, ma inesorabilmente la ferisce. Coi polpastrelli fermi il sangue nelle mie vene blu, le guardi ingrossarsi e poi allenti la pressione per continuare più in là il sadico passatempo.
E io non ho occhi, nè cuore, nè voce per implorarti di fermare questo strazio, ma ho occhi, cuore e voce per vedere e percepire il gusto che provi e l'innocenza con cui, macabro, mi annienti.

domenica 5 ottobre 2008

Maestro

Dopo il diploma non mi sono presa il tempo per pensare a cosa è stato.
A cosa sarà.
Al rapporto che ho costruito con lo strumento e con me stessa.
A come sono andate le cose e se potevano andare diversamente.

E non lo voglio fare.

Perchè c'è quella vocina dentro di me che non aspetta altra occasione migliore per darmi della fallita. E io non le voglio lasciare spazio.

Ma che fatica andare avanti facendo finta di nulla.

lunedì 29 settembre 2008

Ancora una volta.

L'ultima volta.

Non ti lascerò mai più umiliarmi.

Mai.

Più.

sabato 13 settembre 2008

E alla fine vedrò anch'io il cielo d'Irlanda

Il cielo d'Irlanda e' una donna che cambia spesso d'umore
Il cielo d'Irlanda e' una gonna che gira nel sole

Il cielo d'Irlanda e' Dio che suona la fisarmonica
Si apre e si chiude con il ritmo della musica

domenica 31 agosto 2008

Settembre

"... andiamo, è tempo di migrare..."

Comprare le matite nuove, giallissime, con la punta aguzza che mai più durante l'anno riuscirai a rendere uguale. E le biro rosse e nere perchè il blu non l'hai mai usato. Scrollare l'astuccio da rimasugli di cancellature e lavare via l'odore di grafite è un po' come scrollarti di dosso le ultime incertezze e prendere in mano la tua vita di nuovo, rinunciano a trastullarti nel letto fino a tardi, alle uscite serali al profumo di Autan e citronella. Spostare fogli coi buchi in un quaderno brutto per riutilizzarne uno più presentabile.

A predisporre l'animo ci pensa la natura: un sole arancione ogni mattina, più tardi degli ultimi afosi tre mesi, fa capolino attraverso le tende, con una brezza leggera che ti sospinge avanti nei mesi.
Ed è l'estate che ti dà il suo arrivederci, lasciandoti a mesi grigi con la promessa di tornare.

Come sempre.

Ma settembre è un lungo arrivederci all'estate, come due amanti che si separano in un bacio interminabile, lento, fuori dal tempo. Perchè sei nato in una cittadina dove i tralci della vite soffocano qualunque tentativo di fuga, coltivando un piattume intellettuale da aristocrazia decaduta, che stringe al seno della terra i pochi averi che le sono rimasti. Ma quella stessa cittadina ti accompagna all'inverno senza che tu te ne accorga, cullandoti su foglie di vite immerse in calici di barbera odoroso, mentre dalla stufa ti giunge familiare il tipico scoppiettio.

E tu non puoi fare nient'altro che guardare questo ciclo ripetersi, giocare a esserne parte, chiudere gli occhi e riaprirli per vedere la luce che si infrange contro un bicchiere di buon vino e le sfumature, i contrasti, i riflessi.

Perchè l'uva, il vino, le vie della città in cui la gente scorre come fosse linfa vitale appena ritrovata, non sono altro che le tue matite nuove, i tuoi quaderni, il tuo astuccio pronto a essere riempito: il segno che hai concluso un altro anno e che sei pronto ad aprirne uno nuovo, in questo capodanno che è tutto mio e della mia terra.

"... ora in terra di Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare"

giovedì 21 agosto 2008

Mirtilla Malcontento Malcomunemezzogaudio Massaiastiragaia

domenica 10 agosto 2008

In direzione ostinata e contraria

Ma cosa mi dovrà succedere ancora perchè tu decida di muoverti verso me?

sabato 2 agosto 2008

Tante parole per nulla

Non riesco a scrivere più niente.
Mi sembra che per qualsiasi cosa io voglia esprimere, ci sia già stato qualcuno che abbia scritto parole più puntuali di quelle che potrei usare io (quello che sei per me, è inutile spiegarlo con parole).
E nella mia testa si confondono timbri, frasi, rime e ritmi, mentre penso a quello che vorrei dirti (when you try your best but you don’t succeed).
E al modo che vorrei usare: liberare le frasi da questo tono di accusa e lasciare solo che si tingano dell’amaro che mi lasci (non riesco ad arrendermi a tutti i miei sbagli, sei tutti i miei sbagli). Renderle più efficaci, più crude e crudeli (la vita è un suicidio, l’amore è un rogo). Senza lacrime che scalfiscano la mia corazza per permetterti un ulteriore affondo, per non gravare di patetico e soggettivo esigenze e atteggiamenti che lucidamente dovrebbero essere oggettivi e quotidiani (mi piacerebbe, sai, sentirti piangere, anche una lacrima, per pochi attimi). Arrivare a te lasciando intendere che sottolineare uno sbaglio non è una vendetta (ti farò male più di un colpo di pistola, è appena quello che ti meriti), ma un mezzo per erigere qualcosa di più saldo, sicuro, perfetto (dimmi che per sempre sarai sincero e che mi amerai davvero).

Allora e solo allora, forse, potrei avere qualche vaga speranza di penetrare la corteccia del tuo orgoglio e trovare l’affetto destinatomi (due solitudini si attraggono) immerso nella resina di un qualsivoglia amor proprio, per sentire che anche le nostre menti e non solo i nostri corpi possono entrare in risonanza (la comprensione è un’utopia, come l’anarchia).

venerdì 1 agosto 2008

A fior di pelle - Marlene Kuntz

Ci sono istanti in cui vivere è una merda, che vada a fuoco, poi, è pur sempre una scoperta.

Adesso che non ci sei posso dirlo.
Lo posso urlare che le mie lacrime non scorrevano per te.
Ero io che piangevo su di me, per me, dentro me.
Perchè è sempre sconvolgente sbattere la faccia contro il muro della delusione.

Oh che esecrabile emozione, sentirsi un vulcano in eruzione.

Quando avevi bisogno c'ero.
Sono stata presente nella tua vita anche nei momenti in cui tu per primo non eri sul pezzo.
Ero fisicamente, psicologicamente, moralmente presente anche dopo.
C'ero per festeggiare i tuoi successi.
C'ero per godere con te di un regalo datato per una tua scelta.

A fior di pelle salirono gli sbotti usano i nervi a mo' di comodi condotti.

In amore non vale il do ut des.
Non dovrebbe. Lo so.
Ma io, piccola, insicura e fragile di fronte al muro di lavoro che ho tirato su in dodici anni, io e solo io, con sei corde fra le dita, tre di nilon e tre rivestite, io, che ho ricacciato dentro il dolore di questi mesi perchè non gravasse su di te, io, che ancora non l'ho espulso perchè credo nel principio di Lavoisier e voglio trasformarlo in altro, io, che ti pongo ingenuamente davanti a me stessa, speravo in una ricompensa proporzionale.

La zona rossa esplose in un secondo e fu davvero come deflagrasse il mondo.

E invece tu fuggi ringraziando. L'educazione anzitutto.
Mi aspettavo rimanessi e asciugassi le mie lacrime con le mani.
E non con parole alla salsedine come farai.

Ma che finale odioso quel can can di grida e gestualità,
Quinto cerchio melmoso dall'inferno ulula la realtà:
Ci sono istanti che vivere è una merda, nessuna cosa al mondo sa come si disperda.
In quegli istanti in cui vivere è una merda, che vada a fuoco poi, è purtroppo cosa certa.

venerdì 18 luglio 2008

Passo le mie giornate aspettando che i miei sforzi trovino compimento.
E' un'attesa lunga e snervante, sempre a chiedersi se, quando, per quanto ancora.
E fino alla fine, lo so, tutto il tempo che mi separerà dalla rivelazione finale, dal discrimine fra successo e insuccesso, avrà l'odore del sudore di chi ha paura e il gusto delle lacrime che continuo a versare sopraffatta dalla stanchezza.
E il tuo amore è così diverso dal mio che è inevitabile causarmi sofferenza. E mentre involontariamente mi fai male ancora una volta, aggiungi il tuo pianto d'impotenza al mio, stremata da questa estate salata non per il mare ma il nostro dolore.


domenica 13 luglio 2008

Non s'impara dai propri errori, ma dalle pene subite per essi.

Al tuo carnefice non importa il dolore che provi mentre le sconti.
A lui importa il dolore oggettivo che quelle pene portano.

Per lui non sarete mai neppure alla dose minima.

E spesso avrà ragione.

sabato 28 giugno 2008

Dell'amore e di altri demoni

dell'amore
E senza lasciare tempo al panico si liberò della materia torbida che gli impediva di vivere. Le confessò che non passsava un istante senza pensare a lei, che tutto quanto mangiava e beveva aveva il sapore di lei, che la vita era lei a ogni ora e ovunque, come solo Dio aveva diritto e potere di esserlo, e che il godimento supremo del suo cuore sarebbe stato morire con lei.



di altri demoni
Sciolse i mastini e si adagiò nell'amaca dell'alcolva con l'illusione di un sonno eterno. Ma non gli fu possibile. Gli alisei erano passati ed era una notte ardente. Le paludi sprigionavano ogni sorta di bestiacce stordite dall'afa e raffiche di zanzare carnivore e bisognava bruciare escrementi di vacca nelle camere da letto per metterle in fuga. Le anime sprofondavano nel sopore. In quei giorni si aspettava il primo acquazzone dell'anno con la stessa ansia con cui di lì a sei mesi si sarebbe pregato che tornasse per sempre il sereno.

sabato 21 giugno 2008

mA pEr QuANte cOse è uTilE la maNo sIniStrA!


- Suonare la chitarra
- Scrivere i messaggi col cellulare e, più in generale, qualsiasi utilizzo del medesimo (compreso giocare a Snake)
- Tagliare la carne con coltello e forchetta
- Girare la pagine del libro che si legge sdraiati sul fianco destro
- Rollare una sigaretta (cosa per la quale il pollice sinistro - nella foto insaccato come un salame - è assolutamente indispensabile)
- Sollevare oggetti (anche banali: tenere il bicchiere mentre ci si versa l'acqua, tanto per...)
- Tenere ferma la macchina fotografica mentre si scatta (e infatti questa foto ha richiesto numerose prove prima di ottenere un'immagine "stabile")
- Scrivere un post al computer (già la parola "scrivere" la batto praticamente tutta con la sinistra, fatta eccezione per la lettera I)

giovedì 12 giugno 2008

lunedì 2 giugno 2008

E' uno stop.

Si attende sempre
che le cose si sistemino da sole
per poi capire
che si era imboccata
la strada della FINE.
Che poi anche quando la mordi, la vita, non cambia niente lo stesso.
Tanto vale stare fermi.

domenica 1 giugno 2008

Mestruo maschile

When I was younger, so much younger than today,
I never needed anybody's help in any way.
But now these days are gone,
I'm not so self assured,
Now I find I've changed my mind
and opened up the doors.
Help me if you can,
I'm feeling down
And I do appreciate you being round.
Help me, get my feet back on the ground,
Won't you please, please help me.

venerdì 30 maggio 2008

NO al NUCLEARE!!!!

domenica 25 maggio 2008

Cresco

Ritorno sui miei pAssi
Adesso cOntAli bene
il temPo che è pAssAtO
nOn è una Buona RAgiOne

sono sbronza. fantastico.
non mi sentivo così da tempo.
un'ora e trentotto.
questo è il tempo di resistenza di una coppia di ventenni.
poi iniziano i "ma tu", i "ma lui".
tutta la tua arrogante danza.
Quando siamo diventati così diversi?

"Hai influito molto sulla mia adolescenza"

Non era mai successo.
Sono solo paranoie sterili.

Ho un angelo lontano e silenzioso.
"Non farti trattare male da nessuno, fai sempre quello che è meglio per te".

Ho sempre apprezzato come scrivevi, come con niente mi capivi.

domenica 18 maggio 2008

Oroscopo Internazionale

L'ho fatto: ho rafforzato la mia testardaggine.

La mia volontà è determinata ad andare fino in fondo, sì.

Il test FinAle è il 24 maggio:

pensavo di avere qualche giorno in più, ma,
tranquilli, non mi lascerò sconfortare da queste inezie.


Se al mio compagno di squadra cade la palla?
Raccolgo la palla e comincio a
CoRRere
nella direzione in cui stava andando lui.
The sHow must Go On.

sabato 17 maggio 2008

Poesia Dorsale

LA MusiCa sVegLia il tEmPo.

Sto da cani.

nOi duE:
cAstElLi dI Rabbia,
lA Terra del RiMoRso.

iL vEro amORe non ha le nOcciOle.

venerdì 25 aprile 2008

Placida furia

IO NON TREMO E' SOLO UN PO' DI ME CHE SE NE VA

"Non puoi essere solo questo amore mio: tu eri tutto l'universo".
Questo il risultato delle elucubrazioni notturne di Contrasto Simultaneo di qualche giorno fa.
"Non puoi essere solo questo amore mio: tu eri tutto l'universo".
Questo il risultato di elucubrazioni ininterrotte oramai da tempo della sottoscritta.
Quando ho deciso che tu, amore mio, dovevi essere tutto l'universo?
E perchè? Su quali cazzo di basi, ditemi voi, ho deciso che tu, un uomo qualunque con due occhi due gambe due braccia un pene dovevi essere tutto l'universo?
E con quale cazzo di ingenuità, ditemi, mi sono crogiolata in questa convinzione?
"Non puoi essere solo questo amore mio: tu eri tutto l'universo".
E quando ancora mi è apparsa per la prima volta questa sconcertante e banale realtà?
Tu non sei tutto l'universo, amore mio.
Non lo sei più da quando i tuoi errori hanno fatto di te un banalissimo essere umano.
E non lo sei più, per ripicca, da quando ho scoperto che io, per te, nemmeno per un istante sono stata tutto l'universo.
Chi pensa che un altro sia tutto l'universo vuole sapere di potersi dire altrettanto.
Non è così.
E non c'è colonna sonora più azzeccata del I movimento della D960 di Schubert.

giovedì 27 marzo 2008

Muovo le molecole immobili

“Forse non è proprio legale, sai, ma sei bella vestita di lividi
il coraggio, annullare i miei limiti,
le tue lacrime in fondo ai miei brividi
Lasciami leccare l’adrenalina, voglio cercare la mia alternativa,
è la scossa più forte che ho”

Torno ad avere sedici anni, senza averli, di fatto, mai avuti.
Il mio corpo non mi ha mai giocato scherzi strani da adolescente.
Non mi sono mai lasciata andare ad esplosioni ormonali.
Non mi sono mai vista brutta, non sono mai stata complessata.
Né per l’aspetto fisico, né per il mio comportamento.
Ero, in compenso, dotata di un’enorme forza di carattere, di una sfrontataggine che rasentava l’arroganza, di un senso della giustizia che travalicava l’individuale per gettarsi a capofitto nel metafisico. Ero più rock di tutti i capelloni col giubbotto di pelle e le camicie di flanella che si possano vedere a Camden Town: parole semplici su armonie banali, grandi schitarrate ruffiane, melodie orecchiabili ma mai superficiali, tutto per esprimere l’abisso di ogni esperienza.
Il mio corpo adesso racchiude una me stessa che lo ricopre di amore, di affetto e di attenzioni, in nome di una omologazione che dovrebbe portarmi autostima e invece mi causa frustrazione. Anche smettere di accudirlo –come se ormai fosse altro da me– mi porta alla frustrazione, in un circolo vizioso di insoddisfazioni e ricerca della soddisfazione che non si chiuderà mai.
Alla mia rabbia, alla mia sete di giustizia cosmica, di ordine, di non-gerarchie, si è sostituito un annaspante tentativo di sopravvivenza, sempre a boccheggiare per cercarsi una definizione, per poter dire almeno ciò che non si è, per potersi dire parte di qualcosa, perché a sedici anni non sentivo il bisogno di uscire dal mio universo –perché era perfetto così– mentre ora le macerie di me stessa mi spingono fuori a cercare almeno gli arnesi per la ricostruzione. E oltre a questo, oltre alla presa di coscienza di aver perso lo stato migliore della mia vita, oltre all’ammissione di essere ridotti a un cumulo di rottami irrecuperabili, oltre alla snervante ricerca esteriore, ecco la scoperta: fuori non c’è nulla che possa aiutarmi. Fuori c’è il sistema in cui, in un dato momento non identificabile, ma forse anche in piccoli momenti insignificanti, ho deciso di entrare. Fuori c’è il sistema che otto anni fa combattevo coi denti, con le viscere, con il sangue. Fuori c’è il sistema per cui se non ti muovi sei fregato, per cui prendere in mano la tua vita vuol dire darti quotidianamente spinte propulsive per andare avanti, senza chiederti perché, solo correre, solo avanzare, solo la laurea, i bei voti, i pezzi di carta, fare soldi, andare a vivere fuori, ogni tanto farti una vacanza per raccontarla e per raccontarti che ti sei concesso del tempo e che in fondo tutto questo dà dei buoni frutti. Fuori c’è il sistema per cui l’aspetto fisico conta anche per una come me che non gli ha mai dato peso, perché già che ti muovi cerca di farlo con stile, come le piccole altre formichine operose che ti stanno attorno. Fuori c’è il sistema per cui è già qualcosa se ogni tanto leggi, se guardi film “colti” e se sai dire due cazzo di opinioni sulla vita di merda, politica economica e tutte le menate di cui tutti gli pseudo borghesi del cazzo come me si riempiono la bocca per rincoglionirsi e convincersi che non fanno schifo come tutto il resto.
Prendere la vita in mano vuol dire saperci rinunciare solo nel rispetto di te stessa e solo per tua decisione, essere padroni della propria esistenza vuol dire coltivare il proprio rispetto e pretenderlo senza dover addurre motivazioni, significa smetterla di muoversi quando non si capisce dove si stia andando, vuol dire essere coerenti e non doversi mai tirare indietro contro la propria volontà. Prendere in mano la propria vita vuol dire sapere di poterla finire quando si vuole. Senza peccati, bestemmie, sofferenze, ipocrisie. Nessuna ipocrisia peggiore di dirsi felici senza esserlo.
Io non voglio essere un congegno a tempo, comandata da forse esterne.
E allora si ritorna al rock.
Si ritorna agli Afterhours e riscopri “Lasciami leccare l’adrenalina” e “Sui giovani d’oggi ci scatarro su” e capisci che c’era già qualcosa che non andava in te quando hai cominciato a preferire “Bianca” alle altre due. Eri già nel sistema. Riscopri “Festa mesta” dei Marlene e pensi a tutte le volte che avresti voluto dire tu, alla fine di una serata “Complimenti per la festa, bella festa del cazzo”.
E certo anche i rocker amano, e quindi salvi le ballad romantiche, la salvi “Voglio una pelle splendida” perché è una preghiera e anche il rock ha degli dei. E così anche “Non è per sempre”, perché anche i guerrieri hanno bisogno di sentirsi dire che finiscono tanto le cose belle quanto quelle brutte. E sì, poi salvi il punk se proprio si deve, e lo ska e il reggae, ma non sono quelli il tuo manifesto. Puoi adorare la Bandabardò, ma non puoi combattere con “Venti bottiglie di vino e un po’ d’erba del vicino”.
A sedici anni senti nel rock qualcosa che non sai.
A ventidue anni dopodomani senti che quei cazzo di trentenni che sembrano giocare a fare gli eterni adolescenti hanno capito tutto. E hanno quest’unico grande mezzo, la musica, per esprimere il loro disgusto, non farsi fregare dal sistema e cercare di aprirti gli occhi passando per le orecchie.
Voglio smettere di trastullarmi in una vita di stilemi. Lasciatemi leccare l’adrenalina, quella vera, quella delle mie tragedie, quella che sgorga fuori dal sublime di un’esistenza.

domenica 16 marzo 2008

Una cosa che basterebbe sentirsi dire ogni tanto

SOLO TU (Mambassa feat. SUSHI)

tu che sai cosa dirò
già
prima che risponda
tu che perdoni i miei vizi
e non ti blocchidi fronte ai miei imbarazzi
così stupidi
tu che fai l'errore ideale
di vedermi speciale
stai pensando che io vada via?
come puoi soltanto credere che sia
così, quando tu
sei la sola persona che mi sa difendere
la sola persona che mi sa comprendere
qual'è l'unica cosa che mi fa sentire vivo?solo tu

baci di esplosivo candore
un air-bag
che scoppia al rallentatore
tienimi tra le mani
mentre piove sul porfido
tieni le mie mani
mentre vomito il cuore
in diecimila parole
e tu non guardi più
come puoi pensare che io vada via?
come puoi soltanto credere che sia
così, quando tu
sei la sola persona che mi sa difendere
la sola persona che mi sa comprendere
la sola persona che mi sa sorprendere
qual'è l'unica cosa che mi fa sentire vivo?solo tu

PS: La mia vita mi piaceva di più a sedici anni, quando me ne sentivo tanto padrona da poter decidere di privarmene.

mercoledì 5 marzo 2008

Facile a dirsi

Un monaco si lamentò con il suo maestro perché non riusciva a raggiungere il versante opposto di una montagna.
"La colpa è tua" gli rispose il maestro. "In che cosa sbaglio? Che cosa mi manca?" domandò l’allievo.
"Vieni con me, e te lo mostrerò." Il maestro chiamò un altro discepolo, che era cieco, e tutt’e tre si recarono sulla montagna, in un punto in cui uno stretto tronco era stato gettato su un burrone. "Attraversa!" disse il maestro al primo monaco. Il poveretto guardò il fondo del burrone, il debole tronco e rispose: "Non posso: ho paura". Allora il maestro si rivolse al discepolo cieco e gli diede lo stesso ordine. Il monaco attraversò senza esitare il burrone. "Hai capito?" domandò il maestro al primo monaco.
È sempre la paura il sentimento che si oppone al nostro risveglio: la paura di essere autonomi, la paura dell’ignoto, la paura della responsabilità. Eppure, per colmare il divario, per raggiungere l’altra riva, è necessarioaffrontare l’abisso; e questo non può essere fatto se non si eliminano mille timori che ci accompagnano nell’attraversamento."

domenica 2 marzo 2008

Ora più che mai

La vita è un pendolo che oscilla fra noia e dolore.
Il velo di Maya è tutto ciò che vedo ma non andrebbe detto.
Maya non è la mia volontà.
Maya è il mio orgoglio.
Maya è grande e trasparente.
Sono fregata.

sabato 1 marzo 2008

La Maieutica dell'istruttore di nuoto

Nella mia controversa attività acquatica, mi sono imbattuta in molti istruttori, tre dei quali indimenticabili, nel bene e nel male.

- Il primo: io avrò avuto sei anni, lui faceva la maturità e mi sembrava un vecchio. Faceva troppo lo scemo con noi bambine, che, a quell'età, neppure capivamo i pruriginosi stimoli che mangari facevano apprezzare quel modo di fare da galletto alle sue coetanee. Un idiota, insomma. Che si è rivelato tale, in tutta la sua essenza, al corso successivo, quando la piccola Me, promossa in vasca "grande" si ritrova con la sua tavoletta a galleggiare a 4 metri dal fondo. Tutto splendido, "Guarda mamma sono nell'acqua alta!", una bracciata a destra, una bracciata a sinistra, ooop respiro e via. Bello. Peccato che a metà vasca comincio ad allontanarmi un po' dal percorso, vado verso una delle corsie. Il sedicente maturando (puf, la terza elementare doveva ancora prendere mi sa) prende un bastone di metallo con un gancio per tirarmi verso il centro. Peccato che centra in pieno la tavoletta con un colpo troppo forte, mi scivola di mano per lo spavento e la piccola Me passa un brutto quarto d'ora.

Niente piscina per almeno quattro anni. La mutter poi, stufa della mia paura e preoccupata che questo sentimento si diffonda come il morbillo anche al fratellino, ci sbatte entrambi al Dopo Lavoro Ferroviario, dove incontro lui,

-Il secondo: tale Caraffa di cognome, nome ignoto, a me già stava simpatico perchè gli era toccato di nascere discendente di una stirpe dal blasone tanto buffo. Senza contare che ogni sacrosanto giorno dei tre mesi d'estate per due estati stava lì a bordo vasca a urlare incoraggiamenti e farmi i complimenti per i passi avanti. Incurante dei miei "Non riesco", "Ho paura" e, nei giorni di scazzo e desolazione, dei semplicissimi "No" che lasciavano poco spazio a risposte di sorta.
L'anno dopo ero in corsia con le pinne a nuotare a delfino ed ero una delle più brave e veloci.

Gli anni passano, ma al mare la Me già cresciutina anzi direi quasi donna, non nuota. Continua a non fidarsi. Senza contare che, nelle attività quotidiane, le viene troppo spesso male alla schiena. Insomma. Ricominciamo un corso. (Tanto ormai si è capito a chi daranno il Premio Fedeltà quelli della Federazione Italiana di Nuoto). Mi iscrivo a Cremona e arriva lui:

- Il terzo: Enzo, anche conosciuto come il panzone di almeno 50 anni con il costumino blu a stelle bianche che in 7 bracciate percorre la corsia. Molto divertente. Intanto, da buona tradizione lombarda, caccia fuori un "figa" ogni due parole. Si distingue soprattutto per la tendenza all'urlo e per una certa ironia con cui mi sono imbattuta proprio giovedì scorso:
"Facciamo rana? Dai dai dai!" - faccio io. C'è da dire che ci ha spiegato una volta sola le gambe a rana, e che io e Rossano eravamo gli unici due passabili, visto che il povero Enzo ha dovuto rimediare allo sconforto degli altri con la frase "Bè ma rane ci si nasce". Insomma volevo fare una cosa che mi veniva proprio bene e parrebbe anche per meriti di Madre Natura.
"Certo, verso la fine la facciamo"- risponde lui ridendo.
"Bene, è contento che vogliamo progredire" - penso constatando il fatto che in due mesi ci sta ammazzando di stile libero e dorso completo e basta.
Ultimi cinque minuti. "Ragazzi allora, ultimo giro, tutti a stile tranne Marialuisa che va giù a rana". GULP.

domenica 17 febbraio 2008

Metafisica dell'autoerotismo

Pensierino della sera (nello specifico di ieri sera):

Anche le pippe mentali fanno diventare ciechi

giovedì 7 febbraio 2008

Si vede che sto studiando intensamente storia della musica

Perchè ci piace più un autore piuttosto che un altro?
Non può essere solo per quello che dice/canta/scrive. Nè può essere solo stima personale.
Detto in soldoni: non ascolti i Modena City Ramblers se non sei di sinistra, ma non è detto che se sei di sinistra ascolti i Modena City Ramblers. O De Gregori. Che poi lui compagno compagno ti fa pagare 40 euro il biglietto del concerto: evviva il proletariato.
Certamente è una questione di identificazione.
E se è una questione di identificazione, poi, perchè preferisco Mozart a Beethoven? Perchè preferisco Mozart a tutti, in realtà? Il Ludovico Van col padre alcolista e frustrato mi sembra già più vicino alla mia realtà: Ludwig e io non ce l'abbiamo un padre che riconosce la nostra bravura e ci porta in giro per l'Europa per farcela conoscere/farci conoscere. Anzi. E poi la composizione da sordo e i temi più famosi del mondo e la citazione in Arancia Meccanica e il romanticismo davanti agli occhi e il classicismo nel cuore... Però a me Beethoven non piace abbastanza.
Amadè vince su tutti, sempre. Lasciamo stare il Bach che è vecchio dentro anche a quindici anni (anche se, okay, le Variazioni Goldberg sono una figata, ma io qui sto facendo un discorso di corde da toccare in toto). Lasciamo stare i francesi che si credono sempre di sapere tutto loro (e evidentemente era già così secoli addietro). Mozart vince su Vivaldi, su Schubert, su Debussy, su Prokof'ev che comunque hanno un certo posto privilegiato dentro di me.
Oggi ho scoperto perchè.
A sei anni il padre lo porta in giro come una animale da circo. Come tale viene considerato da tutti gli aristocratici frequentanti i salotti bene di tutt'Europa. Tutti a dirgli "Bravo bravo sei proprio un amore". Sei anni. Poteva giocare, saltare con la corda, sporcarsi i vestiti, rubare la marmellata dal barattolo, tirare le trecce a sua sorella, fare i capricci per non fare i compiti. Invece stava lì composto a sorridere a una manica di oche sceme a cui il padre leccava il fondo schiena nella speranza che gli dessero il prestigioso incarico di Kappelmeister nella loro corte dorata. Non glielo daranno mai quel posto. Non glielo daranno mai, ripeto, perchè lui verrà sempre considerato da tutti quel coso lì. Un prodigio, uno scherzo della natura, buono a far divertire per un sera gente che ammuffisce attorno a un conte. Da grande poi, più niente. Solita roba. Massì bravo, però insomma eri il piccolo Mozart che ha 4 anni scriveva sinfonie, pensavamo che da grande avresti rovesciato il mondo, chessò una specie di Napoleone della musica.
Due manine tozze a violentare un clavicembalo, due occhietti buffi a guardare quel circo di cui era l'attrazione principale, due orecchie pronte a carpire il mondo. Perchè questo c'è nelle prime opere: tutto il resto del mondo tranne lui. Ci sono Carl Philip Emanuel Bach e gli orchestranti di Manheim nelle sue prime opere. Come fa a starci un bambino nella prima decade di vita in una forma sonata!
A sentirsi dire "Sei un genio, tu te li mangi tutti", Mozart comincia a crederci. Lo sa anche lui, caspita! Come potrebbe non rendersene conto? E' piccolo ma lo vede anche lui che tutti che quelli che suonano e gli stanno intorno sono decisamente più adulti. Allora sì Amadè sei decisamente sopra la norma. Ci si aspetta molto da te, complimenti per la costanza con cui cerchi di non deludere le aspettative di tutti, vedrai che un giorno ti ripagheranno.
Eccola qui la frattura nella sua vita e il punto di contatto con me.
Si sbatterà a scrivere, a comporre, a tenersi aggiornato. Lo ripagheranno poco e malissimo.
Quand'anche gli daranno qualche incarico (Konzertmeister a Salisburgo? Colloredo avrebbe dovuto ringraziare che stava letteralmente morendo di fame, ma era tanto ignorante che non sono non si accorse della perla che teneva per mano, ma lo fece prendere a calci dal suo capo cuoco. Neppure la briga di licenziarlo si prese.) i più si lamentavano che c'erano troppe note, che la musica prevaricava il testo.
E Mozart è questo. Nella musica di Mozart c'è tutto il bambino che non è mai stato davvero. C'è un ragazzetto composto ma anche birbantello (mi fa venire in mente il tema di Pierino di Prokof'ev). C'è il figlio fedele, ma anche l'adolescente innamorato che viene separato dall'amata per inseguire, per volere paterno, l'ennesima chimera professionale. C'è un piccolo uomo infilato nell'alta società che la descrive in musica come se assistesse a un meraviglioso spettacolo di burattini. Ma c'è anche l'amarezza dell'adulto che vede sprecate tutte le sue energie, che guarda dietro a sè con rammarico per tutto ciò che non ha potuto fare, che sa di valere ma non può far altro che gongolare da solo perchè gli altri sembrano non accorgersene.
Ma non è solo un genio incompreso. Non è Bach che i posteri trovano nelle sue fughe la sezione aurea e i suoi contemporanei dicevano è un bravo accordatore di organi. E' solo uno che quando cresce non lo è più un genio. Lo è stato, per tutti, ma poi basta, finito. Rimane solo uno che a vent'anni è nella piena maturità. Ma non perchè morirà giovane e quindi quando lo si studia si studiano i suoi vent'anni come periodo di maturità. Lo sentiva anche lui di aver perso cose, di essere cresciuto troppo in fretta, di non sapere dove sbattere la testa perchè poteva potenzialmente fare tutto, di non aver più la certezza di essere l'astro nascente, di avere tutto in testa ma non riuscire a dirlo.
Mozart lo sento mio perchè era uno deluso dalla sua vita per com'era, non per come sarebbe potuta essere. Era insoddisfatto lì, nel presente, non per un' ipotetica realtà al condizionale. E non smise mai di fare quello che aveva iniziato. Nonostante tutto. E si consolava come poteva, scavando dentro di sè, tirando fuori il bambino che non ha mai rubato la marmellata e rinnegando il piccolo che sapeva fare graziosi inchini farciti di sorrisi a gente che presto si sarebbe dimenticata di lui.

martedì 5 febbraio 2008

Ci sarà mai una fine prima della Fine?
Ho sempre pensato che la vita fosse una spirale.
Parti dal cerchio più piccolo a venire in fuori.
Vivi le stesse cose, amplificate, man mano che cresci.
Ami da bambino, ami da ragazzo, ami da adulto.
Le responsabilità del bambino, poi del ragazzo, poi dell'adulto.
Le faccende del bambino, poi del ragazzo e poi dell'adulto.
E fin qui ok.
Alla fine della spirale non puoi tirare un sospiro di sollievo.
Non si può dire "Ho finito la mia bella spirale, guarda che carina".
Perchè il percorso che facciamo è una linea retta che tende a infinito.
Nessuno può stabilire quando morire e l'indeterminatezza crea infinito.
E l'infinito crea sublime, ma questa è un'altra storia.
Una linea retta fatta di punti infiniti che si cancellano in automatico appena li superi.
Per questo commettiamo gli stessi errori.
Per questo non troviamo mai posa, mai requie.
Per questo siamo in continua tensione.
Per questo sono in una costante, pressante, tensione che mi schiaccia e mi opprime.
Sono costretta a viaggiare e non so neppure la meta.
Non so neppure se ho messo in valigia le cose necessarie.
Non so neppure se esiste quella meta.
So solo che devo andare avanti e non conosco neppure l'identità del mio carnefice, di colui che mi sottopone a tutto questo.
Gioire del viaggio in sè. Certo.
Questo è un percorso nel quale cerchi sempre di rimandare per sostenerti.
Porre dei piccoli obiettivi va bene. Se li raggiungi.
Ma la bufera è sempre dietro l'angolo per sconvolgere i tuoi piani.
Questa vita è un viaggio in cui vince chi gioca al ribasso.
E io sono stanca di giocare al ribasso.

sabato 19 gennaio 2008

Scrivi Mary, è ora...

... la neve si è sciolta da un pezzo, c'è quasi il Sole...
E allora perchè i colori che vedo sono filtrati da una luce diversa, perchè è freddo, perchè c'è questo grande silenzio in cui si distingue solo il suono attutito e sommerso di moti sistolici, interrotto di tanto in tanto dallo scricchiolio dei neuroni afflitti da tanto peso (una neve greve e sotto la vita che cerca di resistere), perchè le articolazioni si cristallizzano e la lingua diventa muta (non è stupore quello, è impossibilità fisica di dire cio che non si è), perchè l'unico segno di vitalità è questo fiato fumoso che i miei polmoni gettano fuori quasi con ribrezzo, affamati di accogliere quel gelo, sentirlo entrare nelle narici, quel gelo bruciante che senti fin dentro (ecco da dove lo prendi, tutto quel freddo, lo respiri, lo vuoi, ne hai bisogno, ne trai conforto e dolore allo stesso tempo), perchè gli altri non mi vedono, come se fossi un pezzo bianco, di un paesaggio tutto uguale, perchè se provo a prendermi le mie mani insensibili e arrossate non riescono a sfiorarmi (non puoi prendere in mano la neve senza che questa si sciolga)... Perchè?

venerdì 4 gennaio 2008

Let it snow

[ ... Dopo la nevicata, la cosa più dolce è il colore che investe la notte.
Un arancio così non lo si vede neppure nei più bei tramonti d'estate.
Un calore innevato, cristallizzato.
Penetrante come pioggia fredda e sottile.
La contraddizione più bella che nasca dall'incontro della natura con l'opera dell'uomo e le sue luci artificiali ... ]

mercoledì 2 gennaio 2008

Freud

Freud si divertirebbe ancora un sacco con me.
"Mio caro Sigmund", direi entrando nel suo studio.
Lo chiamerei Sigmund perchè ci frequeremmo da molto e oramai ci sarebbe molta confidenza.
Lui saprebbe del mio cinismo.
Ci avrebbe pure scritto un saggio qualche anno prima.
Il cinismo sull'orlo della cattiveria. Elementi psicologico-attitudinali per individuare un perfetto discrimine negli individui apparentemente psicopatici.
"Ho avanzato una teoria che forse ti sembrerà interessante", continuerei io.
"E' la storia di una persona un po' insoddisfatta. Che fatica a trovare se stessa. E prova e riprova, finalmente pensa di esserci quasi riuscita. Diventa metodica, si mostra più attenta e coltiva le amicizie cercando di mostrare un po' più di costanza".
Gente normale. Direbbe Lui. Sigmund con la L maiuscola.
"Un giorno però il passato fa capolino nella vita quasi aggiustata di questo..."
"O qvesta", mi interromperebbe Lui.
E prima che Lui intraprenda il discorso maschio/femmina/edipo/Laio/fasi perineali ecc ecc, riprenderei la frase da dove l'avevo lasciata.
"... e ritorna l'insoddisfazione, ritornano i sensi di colpa. Sta male qualche giorno. Un po' si chiude, un po' manifesta apertamente il suo malessere ritrovato. Un po' forse gli era anche mancato. Ecco allora che gli balena in mente, nel subconscio - mi correggerei a vedere la sua espressione corrugarsi sulla parola mente - la soluzione definitiva: si guarda attorno e vede che la gente che lo circonda non è così meglio di lui di quanto pensasse. Quello ha detto una frase ambigua che preferisce interpretare malamente, quall'altra ha avuto un cenno di malumore poco apparente con un'altra persona e lui sottolinea le eventuali cattiverie di quel gesto, pensa di dover andare a parlare con qualcuno, magari con uno psicologo come te e invece vede negli altri potenziali pazienti di psichiatria..."
Sigmund ha una luce negli occhi.
Si alza e si versa della Coca-cola. Sigmund nel 2008 è molto multinazionale. Fa benzina alla Shell, mangia i panini di McDonald's (e talvolta va da Yo Sushi), beve Coca-Cola, fuma Marlboro. Rosse.
"Mascherare la propria cattiveria con quelli degli altri. Ridimensionare i propri difetti e le proprie nevrastenie paragonandole a quelle altrui. Anche inesistenti. Anche forzate. Qvesta è la via della guarigione. Molti lo fanno, molti con successo. Spostano il problema da loro stessi, fanno diventare gli altri un problema, un ossessione e talvolta ne guadagnano compassione e, quelli più bravi, persino affetto".
"Grazie Sigmund", gli direi stringendogli la mano "Era quello che volevo sentirmi dire".
"Appunto" fa lui "Adesso se fossi un uomo di chiesa ti direi di andare e perdonare. Ma sono solo un povero psicologo che deve pagare il logopedista per qvesto difetto nel pronunciare la q, pertanto, fanno 100 carte".