domenica 31 agosto 2008

Settembre

"... andiamo, è tempo di migrare..."

Comprare le matite nuove, giallissime, con la punta aguzza che mai più durante l'anno riuscirai a rendere uguale. E le biro rosse e nere perchè il blu non l'hai mai usato. Scrollare l'astuccio da rimasugli di cancellature e lavare via l'odore di grafite è un po' come scrollarti di dosso le ultime incertezze e prendere in mano la tua vita di nuovo, rinunciano a trastullarti nel letto fino a tardi, alle uscite serali al profumo di Autan e citronella. Spostare fogli coi buchi in un quaderno brutto per riutilizzarne uno più presentabile.

A predisporre l'animo ci pensa la natura: un sole arancione ogni mattina, più tardi degli ultimi afosi tre mesi, fa capolino attraverso le tende, con una brezza leggera che ti sospinge avanti nei mesi.
Ed è l'estate che ti dà il suo arrivederci, lasciandoti a mesi grigi con la promessa di tornare.

Come sempre.

Ma settembre è un lungo arrivederci all'estate, come due amanti che si separano in un bacio interminabile, lento, fuori dal tempo. Perchè sei nato in una cittadina dove i tralci della vite soffocano qualunque tentativo di fuga, coltivando un piattume intellettuale da aristocrazia decaduta, che stringe al seno della terra i pochi averi che le sono rimasti. Ma quella stessa cittadina ti accompagna all'inverno senza che tu te ne accorga, cullandoti su foglie di vite immerse in calici di barbera odoroso, mentre dalla stufa ti giunge familiare il tipico scoppiettio.

E tu non puoi fare nient'altro che guardare questo ciclo ripetersi, giocare a esserne parte, chiudere gli occhi e riaprirli per vedere la luce che si infrange contro un bicchiere di buon vino e le sfumature, i contrasti, i riflessi.

Perchè l'uva, il vino, le vie della città in cui la gente scorre come fosse linfa vitale appena ritrovata, non sono altro che le tue matite nuove, i tuoi quaderni, il tuo astuccio pronto a essere riempito: il segno che hai concluso un altro anno e che sei pronto ad aprirne uno nuovo, in questo capodanno che è tutto mio e della mia terra.

"... ora in terra di Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare"

giovedì 21 agosto 2008

Mirtilla Malcontento Malcomunemezzogaudio Massaiastiragaia

domenica 10 agosto 2008

In direzione ostinata e contraria

Ma cosa mi dovrà succedere ancora perchè tu decida di muoverti verso me?

sabato 2 agosto 2008

Tante parole per nulla

Non riesco a scrivere più niente.
Mi sembra che per qualsiasi cosa io voglia esprimere, ci sia già stato qualcuno che abbia scritto parole più puntuali di quelle che potrei usare io (quello che sei per me, è inutile spiegarlo con parole).
E nella mia testa si confondono timbri, frasi, rime e ritmi, mentre penso a quello che vorrei dirti (when you try your best but you don’t succeed).
E al modo che vorrei usare: liberare le frasi da questo tono di accusa e lasciare solo che si tingano dell’amaro che mi lasci (non riesco ad arrendermi a tutti i miei sbagli, sei tutti i miei sbagli). Renderle più efficaci, più crude e crudeli (la vita è un suicidio, l’amore è un rogo). Senza lacrime che scalfiscano la mia corazza per permetterti un ulteriore affondo, per non gravare di patetico e soggettivo esigenze e atteggiamenti che lucidamente dovrebbero essere oggettivi e quotidiani (mi piacerebbe, sai, sentirti piangere, anche una lacrima, per pochi attimi). Arrivare a te lasciando intendere che sottolineare uno sbaglio non è una vendetta (ti farò male più di un colpo di pistola, è appena quello che ti meriti), ma un mezzo per erigere qualcosa di più saldo, sicuro, perfetto (dimmi che per sempre sarai sincero e che mi amerai davvero).

Allora e solo allora, forse, potrei avere qualche vaga speranza di penetrare la corteccia del tuo orgoglio e trovare l’affetto destinatomi (due solitudini si attraggono) immerso nella resina di un qualsivoglia amor proprio, per sentire che anche le nostre menti e non solo i nostri corpi possono entrare in risonanza (la comprensione è un’utopia, come l’anarchia).

venerdì 1 agosto 2008

A fior di pelle - Marlene Kuntz

Ci sono istanti in cui vivere è una merda, che vada a fuoco, poi, è pur sempre una scoperta.

Adesso che non ci sei posso dirlo.
Lo posso urlare che le mie lacrime non scorrevano per te.
Ero io che piangevo su di me, per me, dentro me.
Perchè è sempre sconvolgente sbattere la faccia contro il muro della delusione.

Oh che esecrabile emozione, sentirsi un vulcano in eruzione.

Quando avevi bisogno c'ero.
Sono stata presente nella tua vita anche nei momenti in cui tu per primo non eri sul pezzo.
Ero fisicamente, psicologicamente, moralmente presente anche dopo.
C'ero per festeggiare i tuoi successi.
C'ero per godere con te di un regalo datato per una tua scelta.

A fior di pelle salirono gli sbotti usano i nervi a mo' di comodi condotti.

In amore non vale il do ut des.
Non dovrebbe. Lo so.
Ma io, piccola, insicura e fragile di fronte al muro di lavoro che ho tirato su in dodici anni, io e solo io, con sei corde fra le dita, tre di nilon e tre rivestite, io, che ho ricacciato dentro il dolore di questi mesi perchè non gravasse su di te, io, che ancora non l'ho espulso perchè credo nel principio di Lavoisier e voglio trasformarlo in altro, io, che ti pongo ingenuamente davanti a me stessa, speravo in una ricompensa proporzionale.

La zona rossa esplose in un secondo e fu davvero come deflagrasse il mondo.

E invece tu fuggi ringraziando. L'educazione anzitutto.
Mi aspettavo rimanessi e asciugassi le mie lacrime con le mani.
E non con parole alla salsedine come farai.

Ma che finale odioso quel can can di grida e gestualità,
Quinto cerchio melmoso dall'inferno ulula la realtà:
Ci sono istanti che vivere è una merda, nessuna cosa al mondo sa come si disperda.
In quegli istanti in cui vivere è una merda, che vada a fuoco poi, è purtroppo cosa certa.