domenica 17 febbraio 2008

Metafisica dell'autoerotismo

Pensierino della sera (nello specifico di ieri sera):

Anche le pippe mentali fanno diventare ciechi

giovedì 7 febbraio 2008

Si vede che sto studiando intensamente storia della musica

Perchè ci piace più un autore piuttosto che un altro?
Non può essere solo per quello che dice/canta/scrive. Nè può essere solo stima personale.
Detto in soldoni: non ascolti i Modena City Ramblers se non sei di sinistra, ma non è detto che se sei di sinistra ascolti i Modena City Ramblers. O De Gregori. Che poi lui compagno compagno ti fa pagare 40 euro il biglietto del concerto: evviva il proletariato.
Certamente è una questione di identificazione.
E se è una questione di identificazione, poi, perchè preferisco Mozart a Beethoven? Perchè preferisco Mozart a tutti, in realtà? Il Ludovico Van col padre alcolista e frustrato mi sembra già più vicino alla mia realtà: Ludwig e io non ce l'abbiamo un padre che riconosce la nostra bravura e ci porta in giro per l'Europa per farcela conoscere/farci conoscere. Anzi. E poi la composizione da sordo e i temi più famosi del mondo e la citazione in Arancia Meccanica e il romanticismo davanti agli occhi e il classicismo nel cuore... Però a me Beethoven non piace abbastanza.
Amadè vince su tutti, sempre. Lasciamo stare il Bach che è vecchio dentro anche a quindici anni (anche se, okay, le Variazioni Goldberg sono una figata, ma io qui sto facendo un discorso di corde da toccare in toto). Lasciamo stare i francesi che si credono sempre di sapere tutto loro (e evidentemente era già così secoli addietro). Mozart vince su Vivaldi, su Schubert, su Debussy, su Prokof'ev che comunque hanno un certo posto privilegiato dentro di me.
Oggi ho scoperto perchè.
A sei anni il padre lo porta in giro come una animale da circo. Come tale viene considerato da tutti gli aristocratici frequentanti i salotti bene di tutt'Europa. Tutti a dirgli "Bravo bravo sei proprio un amore". Sei anni. Poteva giocare, saltare con la corda, sporcarsi i vestiti, rubare la marmellata dal barattolo, tirare le trecce a sua sorella, fare i capricci per non fare i compiti. Invece stava lì composto a sorridere a una manica di oche sceme a cui il padre leccava il fondo schiena nella speranza che gli dessero il prestigioso incarico di Kappelmeister nella loro corte dorata. Non glielo daranno mai quel posto. Non glielo daranno mai, ripeto, perchè lui verrà sempre considerato da tutti quel coso lì. Un prodigio, uno scherzo della natura, buono a far divertire per un sera gente che ammuffisce attorno a un conte. Da grande poi, più niente. Solita roba. Massì bravo, però insomma eri il piccolo Mozart che ha 4 anni scriveva sinfonie, pensavamo che da grande avresti rovesciato il mondo, chessò una specie di Napoleone della musica.
Due manine tozze a violentare un clavicembalo, due occhietti buffi a guardare quel circo di cui era l'attrazione principale, due orecchie pronte a carpire il mondo. Perchè questo c'è nelle prime opere: tutto il resto del mondo tranne lui. Ci sono Carl Philip Emanuel Bach e gli orchestranti di Manheim nelle sue prime opere. Come fa a starci un bambino nella prima decade di vita in una forma sonata!
A sentirsi dire "Sei un genio, tu te li mangi tutti", Mozart comincia a crederci. Lo sa anche lui, caspita! Come potrebbe non rendersene conto? E' piccolo ma lo vede anche lui che tutti che quelli che suonano e gli stanno intorno sono decisamente più adulti. Allora sì Amadè sei decisamente sopra la norma. Ci si aspetta molto da te, complimenti per la costanza con cui cerchi di non deludere le aspettative di tutti, vedrai che un giorno ti ripagheranno.
Eccola qui la frattura nella sua vita e il punto di contatto con me.
Si sbatterà a scrivere, a comporre, a tenersi aggiornato. Lo ripagheranno poco e malissimo.
Quand'anche gli daranno qualche incarico (Konzertmeister a Salisburgo? Colloredo avrebbe dovuto ringraziare che stava letteralmente morendo di fame, ma era tanto ignorante che non sono non si accorse della perla che teneva per mano, ma lo fece prendere a calci dal suo capo cuoco. Neppure la briga di licenziarlo si prese.) i più si lamentavano che c'erano troppe note, che la musica prevaricava il testo.
E Mozart è questo. Nella musica di Mozart c'è tutto il bambino che non è mai stato davvero. C'è un ragazzetto composto ma anche birbantello (mi fa venire in mente il tema di Pierino di Prokof'ev). C'è il figlio fedele, ma anche l'adolescente innamorato che viene separato dall'amata per inseguire, per volere paterno, l'ennesima chimera professionale. C'è un piccolo uomo infilato nell'alta società che la descrive in musica come se assistesse a un meraviglioso spettacolo di burattini. Ma c'è anche l'amarezza dell'adulto che vede sprecate tutte le sue energie, che guarda dietro a sè con rammarico per tutto ciò che non ha potuto fare, che sa di valere ma non può far altro che gongolare da solo perchè gli altri sembrano non accorgersene.
Ma non è solo un genio incompreso. Non è Bach che i posteri trovano nelle sue fughe la sezione aurea e i suoi contemporanei dicevano è un bravo accordatore di organi. E' solo uno che quando cresce non lo è più un genio. Lo è stato, per tutti, ma poi basta, finito. Rimane solo uno che a vent'anni è nella piena maturità. Ma non perchè morirà giovane e quindi quando lo si studia si studiano i suoi vent'anni come periodo di maturità. Lo sentiva anche lui di aver perso cose, di essere cresciuto troppo in fretta, di non sapere dove sbattere la testa perchè poteva potenzialmente fare tutto, di non aver più la certezza di essere l'astro nascente, di avere tutto in testa ma non riuscire a dirlo.
Mozart lo sento mio perchè era uno deluso dalla sua vita per com'era, non per come sarebbe potuta essere. Era insoddisfatto lì, nel presente, non per un' ipotetica realtà al condizionale. E non smise mai di fare quello che aveva iniziato. Nonostante tutto. E si consolava come poteva, scavando dentro di sè, tirando fuori il bambino che non ha mai rubato la marmellata e rinnegando il piccolo che sapeva fare graziosi inchini farciti di sorrisi a gente che presto si sarebbe dimenticata di lui.

martedì 5 febbraio 2008

Ci sarà mai una fine prima della Fine?
Ho sempre pensato che la vita fosse una spirale.
Parti dal cerchio più piccolo a venire in fuori.
Vivi le stesse cose, amplificate, man mano che cresci.
Ami da bambino, ami da ragazzo, ami da adulto.
Le responsabilità del bambino, poi del ragazzo, poi dell'adulto.
Le faccende del bambino, poi del ragazzo e poi dell'adulto.
E fin qui ok.
Alla fine della spirale non puoi tirare un sospiro di sollievo.
Non si può dire "Ho finito la mia bella spirale, guarda che carina".
Perchè il percorso che facciamo è una linea retta che tende a infinito.
Nessuno può stabilire quando morire e l'indeterminatezza crea infinito.
E l'infinito crea sublime, ma questa è un'altra storia.
Una linea retta fatta di punti infiniti che si cancellano in automatico appena li superi.
Per questo commettiamo gli stessi errori.
Per questo non troviamo mai posa, mai requie.
Per questo siamo in continua tensione.
Per questo sono in una costante, pressante, tensione che mi schiaccia e mi opprime.
Sono costretta a viaggiare e non so neppure la meta.
Non so neppure se ho messo in valigia le cose necessarie.
Non so neppure se esiste quella meta.
So solo che devo andare avanti e non conosco neppure l'identità del mio carnefice, di colui che mi sottopone a tutto questo.
Gioire del viaggio in sè. Certo.
Questo è un percorso nel quale cerchi sempre di rimandare per sostenerti.
Porre dei piccoli obiettivi va bene. Se li raggiungi.
Ma la bufera è sempre dietro l'angolo per sconvolgere i tuoi piani.
Questa vita è un viaggio in cui vince chi gioca al ribasso.
E io sono stanca di giocare al ribasso.