sabato 25 ottobre 2008

Lezione 21

Baricco.
Lo ami per le tante parole.
Lo odi per lo stesso identico motivo.
Lo ami perchè scrive dei bei libri. Lo odi perchè fa pure bene il regista.
Lo ami perchè riesce a fare un film su Beethoven senza cadere nella biografia in costume, devota alla tradizione, tanto cinematografica quanto musicologica. Lo odi perchè fa un film su Beethoven essendo un rossiniano convinto.
E grazie tante.

"Lezione ventuno" (che poi 21 perchè?) è proprio ben riuscito.
Più una risposta alla resa cinematografica di "Seta", che forse non aveva proprio colto nel segno, che un film scritto e girato per aggiungere veramente qualcosa sulla vita del LudovicoVan o alla storia del cinema.
Ma comunque ben fatto.
Un mondo magico e non pedante per affrontare un argomento "mattone" come quello della musica classica.
Bellissime, ritratti più che fotogrammi, le inquadrature dei personaggi storici che vengono chiamati a testimoni dell'evento dell'anno 1824: la prima esecuzione della 9^ sinfonia. Bellissime per la luce, per la scelta (non solo in questi interventi, ma un po' in tutto il film) di occupare gli spazi in maniera originale (tutto a lato, con uno schermo immenso libero e stracolmo di fondo bianco o nero).
Certo: personaggi alla Baricco che vengono lì a smontarti, in un mondo e in un modo tipicamente alla Baricco, il successo della 9^ sinfonia, non potevano che essere frutto di Alessandro Baricco. A irritare non è che un capolavoro venga additato quasi come uno sbaglio dell'umanità colta o meno colta che sia (come a dire "guardate che vi siete sbagliati, 'sta roba mica piaceva, è stato un flop ai suoi tempi: basta credere al titanico Beethoven, romantico prima dei romantici") ma è il modo in cui viene sviscerata questa ipotesi: Beethoven non faceva più niente da quasi dieci anni (sic!), a Vienna ormai imperava Rossini (eccolo lì, appunto, il rossiniano) e lui per farsi considerare dal pubblico si gioca l'ultima carta: mettere un coro all'interno di una sinfonia, una cosa mai sentita, che pochi anni più tardi farà additare quest'opera come l'inizio della musica moderna da uno che in confronto a Baricco ne capiva poco e che prende il nome di Richard Wagner. Per giunta, stando al film, senza neppure riuscire tanto bene. A conclusione arriva la stoccata finale: Beethoven era un vecchio e nella sua musica, a quel punto del suo percorso, c'era sì molto genio, ma la Bellezza, con la maiuscola perchè è di Bello filosofico che si parla, mancava del tutto.
Insomma!
A me sta bene che ci siano testimonianze dell'epoca su questo flop del '24, può anche essere un dato di fatto.
Rimane che per quanto riguarda la sua musica, elemento tanto presente quanto veramente marginale in questo film (ridotto a colonna sonora, quando dovrebbe essere l'oggetto stesso della pellicola), Beethoven aveva del nuovo anche nella vecchiaia. Perchè è nuova, e stupefacente la Corale, perchè è innovativo lo slittamento dello Scherzo in seconda posizione, perchè armonicamente, si sente solo l'eco del passato.
Il Classicismo viennese nel cuore e l'Infinito romantico negli occhi.
E senza scendere in tecnicismi, a Baricco devo dire una cosa: a noi piaceva questo Beethoven che arriva alla fine della vita e della carriera, dopo un decennio di sordità e solitudine totale che lo incattivisce, e si mette a musicare (in modo quadrato, maltrattando le voci e tutto quello che vi pare) un testo come quello, in cui a noi piaceva leggere la possibilità di una speranza. Manco una preghiera, ma solo l'ipotesi remota di potere un giorno vedere la luce.
Se solo avesse riservato metà della delicatezza delle sue descrizioni nel maltrattare una convinzione in cui ci crogiolavamo con tanta sicurezza!

2 commenti:

ContrastoSimultaneo ha detto...

Ma quanto è brava la mia atlantidea a descrivere ciò che io non riesco?tantissimo!Ma sei anche musicologa..posso sentirmi allora un po' giustificata ?:-)
Io mi limitavo a dire: mi è poiciuto e non mi è piaciuto allo stesso tempo.
Bacio!

ContrastoSimultaneo ha detto...

( w lo zen... w lo zen..)